dimanche 25 septembre 2011

Foto Arequipa



Portico del Monasterio Santa Catalina


Luogo di riflessione...


Cucina monastica


Cosa bolle in pentola?


Decorazione coloniale


Via romantica


Iglesia San Francisco


Vulcano Chachani


Piazza cittadina


Viale campagnolo


Mulino ad acqua


Vulcano Misti


Campanile notturno


"Dolce arte" di Arequipa


Corte nobile




Aquila addomesticata... che bestia!





Canyon del Colca


Infinita discesa


Palma fiorita


Parete rocciosa


Un sorriso noo..?


Oasi


Bunga-love!


9 svizzeri attorno al falò...


Pastorelle e pecorelle


John-Deere?


Ma cosa guardi?


Abito tradizionale


Condor in volo


Mura a secco






Dipinti naturali


E tu, invece, cosa guardi?






Mercado central


Plaza de Armas


Meditando...


Quiz: trova l'intruso appeso


Filando lana


Extraterrestre o peruviana?


Arequipa

L'itinerario percorso nei tre mesi abbondanti di viaggio si sta delineando sempre più chiaramente. La "forma" definitiva disegnatasi si sta ormai completando come in uno di quei giochi passatempo in cui, unendo i puntini secondo una determinata successione, appare un'immagine. Solo quando il puntino accostante l'ultimo numero sarà unito al primo, tuttavia, sarà svelata l'identità globale. Nel nostro caso ogni puntino rappresenterebbe  una tappa, una fermata, una sosta di almeno due notti, Arequipa si troverebbe allora in posizione 18, ponendo 0 a Buenos Aires. 
Tranne qualche tappa obbligatoria, intenzionale, ovvero predefinita ad inizio viaggio, il percorso definitivo con le rispettive fermate lo stabiliamo stradafacendo, un po' secondo le nostre aspettative e desideri, un po' per quanto sentito dire e consigliatoci da gente incontrata in viaggio. Arequipa fa parte di questa seconda categoria. 
La Ciudad Blanca, così chiamata per i colori delle mura cittadine e per quello delle pelli dei primi colonizzatori e conquistatori, ci ricorda un poco la Sucre boliviana distante ormai 4 settimane e diverse migliaia di chilometri. Da Cuzco ci abbassiamo di circa 1'000 metri per trovare un piacevole e gradevole clima dopo un lungo peregrinare a più di 3'000 metri, in un'alternanza di giornate gradevoli e freddi notti. 
Manca un mese al nostro rientro in patria e il conto alla rovescia è cominciato. 18, 19 e 20 di agosto rappresentano rispettivamente partenza da Buenos Aires, arrivo in Svizzera e arrivo in Ticino. La successione di queste tre date fa si che i giorni rimanenti corrispondino sempre a numeri tondi, ovvero a multipli di 5 o 7 (settimana). Più facile da provare che da spiegare... La vicinanza temporale al nostro ritorno a casa alimenta i nostri ricordi, soprattutto nei momenti più cupi. I ricordi ci fanno bene, ci danno forza e ci procurano pure emozioni. Ricordi passati alimentano fantasie future. I ricordi riavvicinano la lontananza alla propria mente come un cannocchiale la preda al proprio occhio, senza tuttavia poterla toccare. Le montagne svizzere con tutte le gite possibili ed immaginabili, l'appartamento a Friborgo con un armadio pieno di capi puliti, eleganti e spesso mai vestiti (Gloria), l'Orbea non ancora assai usata ma sempre pronta ed attrezzata, la 883 in attesa ormai da troppo di un lungo e piacevole galoppo, e molti altri esempi andrebbero elencati... Ma ritorniamo a noi.
In contrapposizione a molte città sudamericane, troviamo una città sorprendentemente ben organizzata, moderna ma nel contempo storica, dinamica, pulita e giovane; con Cuzco La Città del Peru, seppur quest'ultima sia molto più mediatizzata. Vi ci sosteremo una settimana abbondante, così da goderci appieno il gradevole clima invernale e le stupende giornate concesseci. Rispetto ai primi mesi di viaggio, in cui ogni giornata la sfruttavamo sacco in spalla, ci concediamo ora alcuni giorni di riposo. Non perchè le possibilità manchino, ma piuttosto per una certa stanchezza maturata in questi mesi, accresciuta probabilmente anche dai noti fastidi intestinali. Ad Arequipa terminano finalmente i miei problemi funzionali, in modo analogo a come erano iniziati 5 settimane prima, ovvero con tante soste ai box...
La nostra dimora nella città bianca si situa a pochi passi dalla piazza principale (Plaza de Armas) teatro, durante i due fine settiamana consecutivi, di manifestazioni in memoria di eventi storici della patria e cittadini di un passato ormai lontano. Bande, fanfare e milizie sfilano ordinatamente, percorrendo a tempo di marcia i quattro lati della piazza maggiore. La nostra dimora nella città bianca si situa in una strada popolata da molti locali notturni, alcuni di questi visitati da soli uomini. Il fatto di alloggiare in un quartiere a luci rosse non ci turba più di quel tanto, perchè l'ostello soddisfa le nostre esigenze, malgrado non costi molto. Ritroviamo dopo parecchio tempo acqua calda corrente e una cucina dove poter cucinare. Inoltre la grande terrazza in cima all'edificio è un "must" al quale ci facciamo presto l'abitudine. Da li la vista cade o meglio, si alza sul vulcano Misti, maestoso ed elegante dalle forme perfette; ci ricorda un poco il Licancabur, vulcano ammirato durante il nostro passaggio in terra cilena. Alcuni lo paragonano ad un panettone altri, più fantasticamente, ad un seno...; questione di gusti o meglio, di punti di vista. Quel che sia, è stato nei miei piensieri e sotto i miei occhi per una settimana, senza mai riuscire a rapirmi. A diversi chilometri di distanza dal Misti, svetta l'altro vulcano visibile dalla città, il Chachani, più alto di qualche decina di metri ma meno accattivante e spettacolare.
Uno di quei "soliti" giri turistici con bus panoramico ci fa scoprire alcuni luoghi caratteristici della città, che non avremmo altrimenti mai potuto conoscere. Nella lunga gita turistica usciamo pure dalle mura cittadine, andando a curiosare nella campagna limitrofe. In particolar modo ci sorprende il verde della pianura che contorna la città, un colore che non vedavamo più da Mendoza, o giù di lì. 
Perchè il verde vive le pianure e non predilige le alte quote, al contrario del bianco che non si trova alle basse alture se non in costruzioni artificiali. Il blu, quello, c'è dappertutto, in cielo come in terra. Storie di colori. 
Arequipa è soprattutto punto di partenza verso una regione ormai divenuta (troppo) meta turistica. Il Canon del Colca prende il nome della valle situata ad un paio di centinaia di chilometri a nord di Arequipa e popolata nell'antichità dagli indiani Colluhuas, una civilizzazione ancor più remota degli Inca. Il Canon del Colca è il secondo più alto al mondo ma non per questo così impressionante come ci si potrebbe aspettare. Più che di una gola dalle pareti verticali di roccia, si tratta di una stretta valle dai pendii irregolari e non sempre rocciosi. Laddove le pareti scompaiono e il fonodovalle si apre, nascono terrazzi armoniosamente disegnati e scolpiti per dar spazio a lembi di terra delimitati da mura a secco. I colori ne risaltano le forme, il tutto da sembrare ad un dipinto d'acquarello o ancor di più ad un mosaico accuratamente composto. 
Malgrado lo stupendo paesaggio, uomini e donne da tutto il mondo e di tutte le età accorrono qua per ammirare il condor, animale simbolo sacro delle Ande. Centinaia di persone si accalcano ogni giorno sulle piattaforme appositamente costruite a sbalzo, ai limiti del canyon. Le termiche che si producono sui fianchi dei pendii permettono agli enormi rapaci di alzarsi di qualche centinaia di metri in pochi secondi, librandosi in un volo lento, maestoso, grazioso. All'apparire dell'uccello, tutti gli sguardi e obiettivi si rivolgono su di esso senza più distogliersi fino a che resti visibile. Alcuni si avvicinano più di altri, ignari della presenza umana; ecco che allora partono boati e schiamazzi, facendo incazzare un gruppo di italiani intenti in riprese da primo piano.
Nel frattempo riseco a scattare qualche foto; ne apro qualcuna e la ingrandisco. Rivedo lo sguardo e gli occhi che vidi a Mendoza, in quell'incontro speciale, unico, o forse no.. Per un attimo la mente vola via, altrove, più veloce della luce, in cerca di domande senza risposta o risposte a troppe domande...
Numerose agenzie propongono escursioni guidate di uno o più giorni al Colca. Decidiamo di partire per due giorni, un buon compromesso per quel che c'è da vedere, in compagnia di altre donne e la guida, un peruviano che ci ricorda per aspetto e carattere quello che ci condusse al Machu Picchu. Partiamo di buon mattino il primo giorno, così da poter vedere i rapaci in volo ed arrivare in tempo alla meta prima che cali la notte. Questa si trova sul fondo della gola, al margine del Rio Colca, dove il verde della vegetazione e il blu di qualche piscina creano un ambiente pacifico e rilassante. Ci arriviamo scendendo un sentiero intagliato nel ripido pendio, ma assai confortevole perchè ci possano passare i muli, unico mezzo di trasporto che sostenta in beni primari i paesini situati dall'altra sponda del fiume. In uno di questi sostiamo per un pranzo tipico locale, prima di ripartire in direzione dell'Oasi. 
Qui accampiamo in un "bunga-love" (?!) dopo un rinfrescante, qualora ce ne fosse bisogno, bagno in piscina sotto le stelle. Queste non ci sono mai sembrate così vicine, così come la via lattea, la cui intensità ci ricorda notti d'estate in quel di Pian Segno. Gloria per questo si emoziona, entusiasta. Prende spazio con noi nel romantico accampamento Sybille, una svizzera francese specializzata in albergheria, più a suo agio in un resort balneare a 5 stelle che percorrendo sentieri, sacco in spalla. Il suo viso ricorda vagamente un noto comico romando, il cui nome non ricordo.
Il mattino seguente ripartiamo per risalire i 1'500 metri di dislivello del canyon, questa volta per un sentiero più corto perchè più diretto, quindi più ripido. La nostra amica salirà più tardi in groppa ad un mulo. Le due inglesine anch'esse compagne d'avventura parton a spron battuto alla conquista della "cima", come se lì davanti ci fosse un felino a trainarle; ma niente di tutto cio'. Probabilmente vaga ancora nella loro mente l'esperienza vissuta il mese precedente in Bolivia, dove passarono diverse settimane nella foresta, portando a spasso puma al guinzaglio.
Noemi, vent'enne che vive di e con lo sport, la ritroviamo in cima due ore più tardi, mentre Isabel la rintracciamo a metà cammino e le offriamo qualche sorso di acqua perchè possa alleviare la fatica.
Verso le otto del mattino si ricompone il gruppo, e insieme ripartiamo, ma non prima di una semplice ma agognata colazione. Dopo un'altra sosta all'altare dei Condor, riconquistiamo Arequipa con un gruppo in escursione un giorno solo. Attimi di nervosismo e tensione si accendono durante il tragitto di ritorno, tra noi e una copia che riscopriremo più tardi svizzera... Questa non ci proibisce comunque di sostare ancora alcune volte per ammirare il paesaggio circostante e per un bagno termale.
Il giorno seguente Noemi parte con Sybille per una due giorni sul Chachani; solo la prima raggiungerà la vetta. Io desisto all'ultimo momento prima della partenza; mi accontentero' di una lunga discesa in mountain bike, che non risponde alle mie aspettative. Nel frattempo Gloria visita il Monasterio di Santa Catalina, vera e propria città nella città, unico nel suo genere.
Mancano pochi giorni prima di viaggiare verso Nazca e troviamo il tempo per sbrigare le pratiche necessarie per il soggiorno marino ormai alle porte e tanto sospirato. Durante la mia sosta ai box, di sera, Gloria incontra le amiche Kiana e Gisela, in passaggio da Arequipa prima di prendere il volo per Lima, ultima loro tappa. Il tempo per una rapida cenetta e uno scambio di battute.
Con loro sarà solo un arrivederci...