5 maggio
A Buenos Aires, in casa Esmeralda, si conclude la prima tappa di questo viaggio, là dove 23 giorni prima prese inizio.
Tre settimane in solitaria alla scoperta della Patagonia: estancias, steppe, gauchos, pecore, vento, ghiacciai, sono solo alcuni tra gli elementi che questa terra ha saputo adottare e crescere in perfetta armonia.
... Cette terre fascine par ses grands espaces et sa diversité. La nature y montre toute sa beauté, tant par les réserves d'animaux qu'elle abrite que par ses paysages. La Patagonie est sans doute l'un des territoires les plus marquants du monde. Comment ne pas laisser son regard partir à l'horizon des plaines désertiques jusqu'à la cordillère des Andes? Comment rester insensible à la beauté sereine de ces montagnes et de ces lacs d'altitude, aux tourments de ces cotes déchiquetées? Blaise Cendras écrivait: "Il n'y a plus que la Patagonie qui convienne à mon immense tristesse..."...
Su queste parole tratte da Le guide du Routard inizia dall'estremo sud la spedizione andina.
Due giorni a Buenos Aires fanno da ponte alla partenza vera e propria; il tempo per organizzarmi meglio ed immergermi per una prima volta nei costumi locali.
Raggiungo Ushuaia in aereo, oltrepassando per la prima volta la cordigliera delle ande.
Bastano pochi passi, quelli che mi conducono all'ostello, per capire dove mi trovo; nella città più australe del mondo. El fin del Mundo come la chiamano gli argentini; solamente un arcipelago (Cape Horn) la separa dal polo sud.
Città più conosciuta (e visitata) per la sua posizione geografica che per altro, offre al turista diverse attività che lo distraggon dalla poco attraente località. Da citare vi sono la navigazione del canale Beagle (che permise ai primi navigatori di passare dall'oceano atlantico all'oceano pacifico e viceversa), un'escursione al parco nazionale, una gita nelle alture della città al confine tra boschi e prime creste andine, o una visita in un qualche museo per scoprire come popoli indigeni e coloni hanno raggiunsero e occuparono questa terra.
Gli usi e le tradizioni locali sono ancora influenzate dal popolo Yamana che abitò queste terre fino fine XIX secolo. Terra del fuoco prese proprio il nome da questo popolo, in quanto Magellano, attraversando l'omonimo stretto nel 1520, vide alla sua sinistra molti fuochi sulle rive opposte del canale; per riscaldarsi gli Yamana, oltre che cospargersi il corpo (spesso nudo) con grasso animale, appiccavano fuochi sulle loro imbarcazioni.
Tre giorni mi bastano a Ushuaia; il quarto (domenica) lo passo sui bus.
Le prime vere praterie attraversate allontanano la solitudine del profondo sud.
Pecore e asini incrociano il mio cammino, quello della (mitica) Ruta 40.
Tra dogane, traghetti e attese giungo infine a El Calafate. Di notte.
Nel primo ostello (no, nel secondo..) che incontro trovo alloggio; le notti seguenti le passerò tuttavia altrove perchè il lusso, malgrado la bella compagnia, non mi si addice.
Come in ogni città, o paesino che si voglia, il primo giorno lo passo per le vie fra la gente, tra respiri, profumi e schiamazzi, alla ricerca di utili informazioni per l'organizzazione dei giorni seguenti.
Il Turismo è l'attivtà grazie alla quale le località più rinomate si sono maggiormente sviluppate negli ultimi decenni. L'allevamento, esso, perdura ormai da tempo.
Agricoltura e turismo, un binomio imprescindibile.
A El Calafate (arbusto con bacche commestibili) comincio a fare il turista, facendomi trasportare dalle agenzie di quà e di là alla scoperta di posti incantevoli, da cartolina. Parchi naturali e ghiacciai (Perito Moreno e Uppsala) al menu del giorno.
La sera mangio carne e bevo buon vino.
Non conoscendo abbastanza i luoghi e al fine di non correre rischi inutili mi sento obbligato a procedere in questa maniera, facile e sicura ma non troppo avventuriera, come in realtà desidererei. Tuttavia queste escursioni ATE (magari più avanti spiegherò il significato) permettono di conoscere gente nuova e apprendere cose interessanti, che mentre invece un altro modo di visitare non lo avrebbe probabilmente consentito.
Allo scoccare del quinto giorno mi trasferisco in bus a El Chalten (montagna che fuma), meta e mecca (per sentito dire) di escursionisti e alpinisti di tutto il mondo.
Ancora prima di entrare in paese, il Fitz Roy svetta sullo sfondo, maestoso, imponente, avvolto nelle nuvole, simbolo di una Patagonia tanto misteriosa quanto ancora inesplorata.
Fitz Roy e Cerro Torre: miti attorno ai quali sono nate (e morte) leggende.
Scendo dal bus e cerco casa.
La trovo nel nido del condor ... L'ostello dove alloggerò prende infatti il nome di questo famoso rapace andino, maestro nel volteggiare le guglie andine, con vento forte e tempo avverso.
Il piglio giusto mi fa subito approfittare delle poche ore di sole che mi rimangono per una prima camminata al largo del paese (situato in un vasto pianoro racchiuso tra pareti rocciose); un preludio ai giorni seguenti.
La località accoglie il turista ospite in una baita, dove riceve utili informazioni sulla flora e fauna del parco naturale e dove può consultare un piccolo archivio dedicato alle prime spedizioni sulle due più famose vette.
Il tempo condiziona (di parecchio) le uscite, e durante due giornate di pioggia e vento trovo il modo di occuparmi differentemente all'ostello.
Durante le ore "buche" mi aggiro tra casette, casupole e catapecchie sparse e confuse, incontro uomini e donne liberi di ogni pensiero e cani randagi. Alcune costruzioni all'apparenza più accoglienti son già chiuse per l'imminente stagione fredda ormai alle porte.
Il paese è cresciuto rapidamente negli ultimi anni sotto la spinta del turismo, bisognoso di soggiornare con sempre maggiori comodità.
Durante le giornate (restanti) soleggiate percorro sentieri ben segnalati che dal paese si diramano salendo verso le cime, là dove diverse decine d'anni addietro le prime spedizioni portarono italiani e francesi a raggiungere il culmine delle due vette simbolo.
Vedo un uomo dal volto affaticato e barbuto, dal passo svelto e sicuro, venuto dal chissà dove; un'immagine rimastami impressa nella mente, così come alberi e arbusti dai mille colori, lagune e laghetti, fiumi e ruscelli, radure e ghiacciai.
E montagne.
Del vento vedo solo il suo effetto. Gli alberi più alti e anziani si piegano sotto la sua forza, ma l'amor per la loro terra li fa morir in piedi, non li fa cadere.
Dopo quattro giorni vissuti intensamente a contatto con la natura ritorno nella più urbana El Calafate.
Prima di prendere il volo per Bariloche faccio visita al museo del ghiaccio per capire meglio, nei minimi dettagli, la formazione dei ghiacciai, e tanto altro ancora.
A Bariloche soggiorno una settimana perchè la moltitudine di attività lo richiedono.
Tra queste posso citare: San Martin por los 7 lagos, Kayak sul lago Gutierrez, El Bolson y el lago Puelo, escursione al Cerro Tronador, ascesa al rifugio Frey.
La giornata al rifugio Frey e il pomeriggio in kayak prevalgono sulle altre.
In terza posizione bien si piazza San Martin. Paesaggi da film si incontrano ritornando dalla Ruta 40. Distese e praterie colorate con tonalità di grigi e gialli si contrappongono a colline rosate e a corsi d'acqua versata più ad ovest da numerosi ghiacciai.
Il vento che spesso imperterrita (da ovest a est) in queste terre arriva secco sulle steppe, perchè la cordigliera trattiene per sè tutta l'umidità. Così che cavalli, cervi e pecore vanno sovente ad assetarsi lungo i fiumi, perchè l'erba e l'aria secca lo necessita.
A Bariloche prendo un ostello non molto cordiale per la verità, dove incontro e conosco però tanta brava gente. Belle persone le conobbi pure nelle altre località; svizzeri, tedeschi, spagnoli, francesi, italiani, olandesi e molti altri ancora, cileni, argentini, americani, ecc., ecc., tutte in giro per il mondo.
Il tempo è della mia parte per una buona settimana, e quando decido di partire alla volta di Bueno Aires, pure lui decide di cambiare. Lo avverto l'ultimo giorno, trascorso diverse ore in sella a una mountain bike, nei dintorni della località turistica argentina per antonomasia (l'inverno soprattutto).
Si chiude una prima pagina di questo viaggio o meglio, un primo capitolo, e subito quegli spazi vissuti così da vicino diventano ricordi che pian pian si allontanano.
...Terra, Acqua e Vento.
Terra, l'elemento principale, dalle infinite steppe e praterie alle più alte cime, ogni cosa ha un proprio spazio.
Acqua, l'elemento vitale che nutre la terra, che alimenta in continuo ghiacciai, laghi e fiumi.
Vento, custode di questa terra, che la accarezza e la sorveglia, sempre.
Patagonia, dove il paesaggio è attore, l'uomo spettatore.
Dove tuto è di tutti e niente è di nessuno.
Dove chi vede capisce, ma chi capisce non può vedere, immagina...
Le misteriose e fascinose terre esplorate durante tre settimane ridiventano tali.
Lascio la Patagonia comodamente a bordo di un bus che mi accompagna fin nella Capital Federal.
Mora, per la seconda volta, mi da il benvenuto a Casa Esmeralda.
Ma questa volta non abbaia più, ormai mi conosce.